IL PARTO E LE SUGGESTIONI D’ORIENTE

Le donne partoriscono dall’alba dei tempi in ogni angolo della terra. Da un punto di vista fisico e biologico il parto è identico in ogni luogo, ma ogni cultura ha costruito intorno a questo evento un rituale diverso.

Nella nostra società occidentale la consuetudine è quella di recarsi in ospedale, in case di maternità o partorire in casa propria con il supporto di due ostetriche come sancisce la legge italiana.

Questo è quello che ci si aspetta e ci si immagina del parto qui, ma come viene vissuto in altri paesi? Quali suggestioni possiamo fare nostre curiosando in altre culture?

Se volgiamo lo sguardo ad oriente troviamo la danza del ventre. Questa veniva praticata durante il parto, infatti facilita la discesa del bambino, allevia i dolori delle contrazioni, porta l’ascolto sul corpo e aumenta la consapevolezza delle parti del corpo legate al parto. Ovviamente la consapevolezza di tali parti del corpo è maggiore quanto è maggiore l’esperienza di danza della donna. La danza del ventre ha una serie di benefici muscolari durante ma anche dopo il travaglio, per riportare tonicità ad esempio al pavimento pelvico.

La cosa particolare e interessante della danza del ventre è che in origine non era soltanto la partoriente a danzare: le donne danzavano intorno a lei, suggerendole i movimenti, invitandola a danzare e accompagnandola con il suono ritmico della cintura cha avevano legato sui fianchi. La partoriente non era lasciata sola, al contrario era contenuta da una rete relazionale, da una presenza forte che mandava messaggi didsc_0318 solidarietà e di cura attraverso la danza. Quindi non consigli verbali, razionali, ma suggestioni simboliche, senza parole. La partoriente poteva così guardare le altre donne alla ricerca di suggerimenti e scegliere quelli più interessanti per lei, oppure poteva rimanere concentrata su di sé senza essere disturbata da parole invadenti, senza sentirsi in ogni caso abbandonata perché il suono delle cinture delle sue colleghe restava una presenza costante e rispettosa.

Nonostante la danza del ventre sia spesso suggerita nei corsi preparto, la potenza che può avere un gruppo come sostegno in questo difficile passaggio si è persa nel tragitto da oriente a occidente.

Anche il suono prodotto dalle cinture non è irrilevante: da un lato, ascoltare un suono ritmico aiuta a scivolare in uno stato ipnotico (vedi Il parto e lo stato alterato della mente); dall’altro, la paura di lasciarsi andare e abbandonarsi totalmente all’istinto, la paura di abbandonarsi ed entrare in trance può affievolirsi grazie alla presenza di un gruppo di altre donne, alcune testimoni dello stesso viaggio, che producono con i loro movimenti un suono che c’è prima, durante e dopo il viaggio. Come una sorta di continuità della realtà e di possibilità di ritorno.

Sempre in oriente, dopo la danza troviamo un canto: il canto carnatico che, già negli anni 60, il ginecologo francese Frédérick Leboyer suggerì di utilizzare durante il parto.

Si tratta di un canto tradizionale indiano utilizzato per facilitare la presa di coscienza di se stessi attraverso il respiro e il suono e per stimolare la meditazione. Il canto carnatico prevede dei vocalizzi durante l’espirazione: si inizia con una “m”, si prosegue con le vocali e si conclude il ciclo di nuovo con una “m” (per questo viene anche chiamato canto delle vocali). Nella tradizione indù è previsto anche uno strumento musicale, solitamente una tampura o un tamburo che scandisce il tempo. Oltre a favorire la concentrazione e la meditazione, si ritiene che l’apertura della gola influenzi l’apertura della vagina e faciliti quindi il parto.

Sia la danza che il canto hanno in comune una caratteristica: non sono elementi razionali, logici bensì sono espressioni corporee, emotive. Accompagnano la donna, la rassicurano adattandosi al suo stile, al suo carattere e alla sua esperienza attuale senza imporsi in un modo rigido.

Cantate e ballate signore mie: sta iniziando un viaggio!

Dr.ssa Violetta Molteni

QUALI STRUMENTI PER UN PARTO SERENO?

 

Quando si avvicina la data presunta del parto, spesso ci si sente insicure, con un misto fra paura e desiderio che il momento arrivi presto. Il corso pre-parto è finito, eppure ci sembra di essere disarmate come prima. Se da un lato è normale temere qualcosa di sconosciuto e così carico di emozione, è altrettanto scontato desiderare di giungere a tale data il più preparate possibile.

Quali sono allora le armi che abbiamo e possiamo utilizzare davvero durante il parto?

Fra i vari strumenti che possono essere di accompagnamento durante il viaggio del partorire ci sono sicuramente la musica, il respiro e la propria voce.

La musica è utile perché favorisce il rilassamento, ma non solo: alcune frequenze aiutano ad entrare in uno stato ipnotico (per approfondire leggi IL PARTO E LO STATO ALTERATO DELLA MENTE). Ne sono un esempio i ritmi pulsanti dei tamburi che gli sciamani utilizzano per entrare in trance. Organizzatevi con mezzi vostri (gli ospedali non sempre ne sono forniti) per poter ascoltare durante il travaglio e in sala parto una musica che vi piace, o ancor meglio una musica ricca di tamburi.

Concentrarsi sul respiro, invece, è un11849866_888690404544971_2079133398_n buon modo per entrare in contatto con il qui ed ora e già questo aiuta a sfumare tutte le paure non contingenti, legate a fantasie e racconti. Cosa vuol dire questo? Le paure che sono nate ascoltando i racconti di parti tremendi (racconti spesso esagerati e a dir poco inverosimili), oppure l’idea spaventosa che noi abbiamo del parto, affievoliscono se si ascolta e ci si concentra sul proprio respiro e ci si fida di lui, del suo ritmo, della sua capacità di continuare il suo mestiere senza il
nostro controllo.

La voce, i vocalizzi (vedi IL PARTO E LE SUGGESTIONI D’ORIENTE) durante le contrazioni non sono soltanto un modo per esprimere il dolore, ma sono anche espressione di sé e della propria identità e può essere di conforto nel momento in cui ci si deve abbandonare oltre i propri confini. Infatti la voce è in continua trasformazione insieme all’evento del parto e porta un continuo rimando sia di ciò che sta accadendo (ad esempio si riflettono nella voce tutti i cambiamenti fisici), sia della propria integrità e continuità. Posso cantare il mio dolore, se mi sento in imbarazzo posso cantare anche il mio imbarazzo e concentrandomi sul suono che esce da me posso trasformarlo in un suono che mi piaccia di più, che mi dia serenità. Per favorire questa trasformazione, forse mi verrà spontaneo cambiare posizione, utilizzare altri muscoli e questo si rifletterà nella voce e nel corpo in un continuo ciclo di accomodamento. È infatti il corpo stesso lo strumento musicale della voce: se vi sono cambiamenti nel corpo, ci saranno nella voce e se ci sono cambiamenti nella voce, ci saranno nel corpo. Durante il parto, cantare rassicura e rilassa la mamma ma anche il bambino, che partecipa attivamente al parto.

Il respiro in una certa misura, la voce in maniera più forte perché torna come suono, danno alla partoriente la possibilità di sperimentarsi nella sua interezza: nonostante i confini cambino fisicamente e mentalmente, io non mi sto spezzando, io sono il mio respiro, io sono la mia voce.

Un altro elemento banale, ma molto utile è la borsa dell’acqua calda: portatevela da casa, anche elettrica perché può essere sufficiente ad alleviare il dolore e allentare i muscoli. A questo scopo può contribuire anche un massaggio.

Quindi insieme alla valigia per l’ospedale, ricordatevi di preparare la borsa dell’acqua calda, un lettore mp3 o simili e una musica ritmica.

E quando arrivano le contrazioni, lasciate a qualcun altro il compito di contare il tempo che passa: voi concentratevi sul vostro respiro e cantate la vostra trasformazione con dei vocalizzi e affidatevi al vostro istinto lasciando spegnere la razionalità.

Dr.ssa Violetta Molteni

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